Questo pezzo è apparso originariamente su Bennington Review numero 4, autunno/inverno 2017

 

Il suo Guillaume era andato dal dottore, che gli aveva trovato una massa grossa come una mela nel petto. Alla fine non c’era stato nulla da fare. Aveva settantacinque anni e molti dei suoi amici erano morti prima di lui. Chi avrebbe sentito la sua mancanza, a parte la famiglia?
Tic tac, crac. Ah, era la pioggia sui vetri, non l’orologio. Se avesse aperto le finestre avrebbe sentito l’odore delle foglie autunnali che marcivano.
Il Gran Crudzmeemo le stava addosso, ora, aspettando di restituire alla terra anche lei. Tese le braccia in direzione dello specchio, agitò le dita verso di lui. Al tramonto, nell’angolo in ombra, aveva l’aspetto di un orso. Non l’amava.
Aveva passato la lingua sul volto di suo marito. Stringendosi nelle spalle, lei allontanò lo sguardo dallo specchio: «Sono contenta che i miei genitori non siano qui a vedermi fallire, li ucciderebbe. Ah. Il mio Guillaume mi sorriderebbe e scuoterebbe la testa. Se fosse vivo».
Oltre il cortile c’era una piccola casa, una casa del dolore: la moglie soffriva di emicrania e l’uomo aveva la schiena deformata. Eppure continuavano a vivere. Non avevano sventolato la bandiera bianca della resa. Rosamond lo avrebbe fatto di certo. La sua non era la Casa del Dolore, ma la Casa della Disperazione.
Era seduta sulla sedia di legno e si lamentava, rivolta allo specchio: «Mentivano quando dicevano che ero una principessa e quindi resistente alle intemperie. Sono impermeabile, sì, ma come la pioggia, come i piccioni colpiti in volo. “T’innamorerai di un principe” dicevano. “Sarai felice e supererai ogni dolore, sempre”».
Storie per bambini. Pfff. La prima a morire fu la tata. Poi i suoi genitori, poi il suo principe. Ne aveva abbastanza.
«Non c’è salvezza, nessuno salva tua madre, tuo fratello, tua figlia, il tuo coniglietto o il tuo adorato cane. Ho aperto gli occhi». Teneva lo sguardo fisso sullo specchio.
«Può succedere in qualsiasi momento. Tac. Così. La tua casa si fa gelida nella bufera di neve. Il tuo amato scivola sul ghiaccio. Ti viene un infarto in piena notte. Cose che capitano. Sono qui per dirtelo». Allungò un dito verso lo specchio.
La settimana prima che lui morisse, lei aveva in programma un pranzo a base di schnitzel, crauti e spätzle. Non era tedesca, ma le ricordava il cibo che mangiavano a casa da bambina. Sua madre al castello aveva una domestica svizzera.
Dicono che si impari quanto sia cara la vita. Lei aveva imparato quanto il mondo non avesse bisogno della sua presenza.
Confida nella bellezza della natura, dicono. Beh, era stata la natura a farle questo. Il canto degli uccelli, il profumo delle rose, le betulle ingiallite, lo scricchiolio delle foglie cadute, la nebbia spettrale nell’aria, le stelle sparse in un cielo nero. Credeva nei buchi neri. Si incamminò verso lo specchio.
L’avrebbe risvegliata con un bacio, promise l’orso. Ricordava un bacio di tanto tempo addietro. Era già stata svegliata da un lungo sonno, una volta. Non aveva bisogno del bacio dell’orso. Il bacio di Guillaume bastava.
Premette la mano sullo specchio e alla fine passò oltre.

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Titolo originale, Sleeping Beauty Is Not Well, copyright @ Cezarija Abartis, all rights reserved.
Traduzione di Agnese Capaccioli.