Questo pezzo è apparso originariamente su Brick n.100, inverno 2018

 

Dopo anni di antidepressivi, e trovando fuori dalla mia portata anche solo una normale infelicità, alla fine decisi di provare l’illuminazione. I miei amici continuavano a parlarne da anni, ma mi era sempre parsa una fandonia, come Scientology o i romanzi di Ethan Hawke. Tuttavia, dopo molti round di psicoterapia, medicinali, yoga, diete alcaline, clisteri di papaya e gin a fiumi, cominciai a domandarmi se i miei amici non avessero scoperto qualcosa. A parte il costo di qualche seminario, l’illuminazione era gratis. Ce n’era in abbondanza, e una volta ottenuta era tua per sempre. E come dicevano di sentirsi i miei amici! Erano spensierati e di ottimo umore. Alcuni aggiustarono rapporti incrinati da vecchi screzi, mentre altri facevano soldi facili con investimenti dall’etica progressista. Tutti riferivano di un aumento della libido accompagnato da orgasmi strepitosi, in particolare negli ascensori. 

Per ricevere l’illuminazione, mi iscrissi a un ritiro silenzioso di trenta giorni in uno dei più bucolici ashram dell’Ontario. Con sede a Collingwood, il Centro di Contemplazione e Parco Giochi Mindfuller è l’unico acquapark ashram in Huronia. Nei giorni precedenti al mio viaggio in pullman verso nord, seguendo i consigli sul sito Internet del ritiro praticai una serie di brevi meditazioni silenziose per prepararmi. Indossai vestiti larghi e trovai una posizione comoda sul pavimento di fronte al televisore, che era spento, anche se riuscivo a toccare il telecomando con l’alluce. Quando arrivò il giorno della partenza, ero a posto. Avevo meditato due volte per quaranta minuti, quindi ero pronto per trenta giorni, che sono, dopotutto, soltanto quaranta minuti molto più lunghi. 

L’arrivo fu semplice. Consegnammo tutti i nostri averi a un uomo dai capelli molto lunghi in cambio di alcune belle tonache grigie e ci fu detto di sederci in posizione confortevole all’interno della sala di meditazione. Essendo il nostro primo giorno, avremmo solo fatto una meditazione di dieci ore, con una pausa ogni ora per spuntini a base di cavolo nero. 

«Respirate normalmente» disse il nostro insegnante, un uomo che non pronunciò mai il suo nome e che quindi presi a chiamare Monaco Enimmatico. «Se sorge un pensiero nella mente, fatelo passare. Non è nulla, lasciatelo andare. L’unica cosa che dovete fare è respirare». 

Alzai la mano. Enimmatico mi rivolse uno sguardo colmo di pace interiore. «Dobbiamo respirare dal naso o dalla bocca?»

«Non ha importanza».

«Ma se per me fosse più silenzioso respirare attraverso la bocca?»

Enimmatico fece un profondo respiro di pace interiore dal naso. «Siete tutti liberi di respirare in qualsiasi maniera vi metta più a vostro agio». 

Alzai di nuovo la mano. «Posso solo chiedere che respirino tutti dalla bocca mentre siamo qui, così le persone col fischietto al naso non disturbano gli altri?» 

«No, non puoi. Iniziamo. Non toccate gli snack finché–» 

«Se mi illumino in, tipo, quattro giorni, poi me ne posso andare?»

«Sì» disse Enimmatico, con giusto un pizzico di turbamento interiore. «Potrete andarvene se vi illuminerete prima del previsto». 

È difficile riassumere un’esperienza come quella avuta al Centro di Contemplazione e Parco Giochi Mindfuller. Restare giorno dopo giorno da solo con i miei pensieri all’inizio fu estenuante, e cominciai a comprendere il terribile impatto generato dal continuo affanno di ricucire la mia personalità dal nulla. Capii che dovevo lasciar andare questa personalità così limitante. Dovevo affrontarla faccia a faccia, osservarla con tutta l’apertura mentale e l’integrità che sarei riuscito a raccogliere, e liberarmene! Ma, ahimè, alla fine del secondo giorno era ancora lì. A volte temevo che sarei rimasto soltanto me stesso per il resto della mia vita. Ma andai avanti. 

Al sesto giorno, avevo piena regolarità intestinale grazie alle patatine al cavolo nero. 

Durante l’ottava notte, Monaco Corrucciato fece un breve discorso per dirci che avere un Io era come restare intrappolati nel bagagliaio di una macchina. Solo che noi eravamo anche la macchina, così come il tasto per il rilascio d’emergenza dentro al bagagliaio – nel caso in cui il nostro Io fosse stato rapito a bordo di un modello uscito dopo il 2002. 

Il dodicesimo giorno scivolai in un vuoto senza fondo come lo è il tempo. Poi ci diedero una zuppa di fagioli niente male a pranzo. Il quindicesimo giorno, intrapresi un’epica battaglia contro la vacuità. Stavo lottando dalla parte dell’essere. (Un errore da principianti). 

Il ventiduesimo giorno, ci fu finalmente concesso qualche minuto per parlare. Molti dei partecipanti si ritrovarono incapaci di emettere anche il minimo suono. Altri si esprimevano con piccoli mugolii primitivi che si potevano ascoltare solo avvicinando l’orecchio alle loro narici. Tricipiti-Troppo-Pompati disse: «Cucciolo», e alcuni di noi piansero un po’. Vero e Proprio Assassino con l’Ascia (per distinguerlo da Futuro Assassino con l’Ascia) disse: «Baci», facendo esclamare «Ohh» a quelli di noi che non avevano le labbra cucite insieme. 

Devo ammettere che ci siamo persi un po’ di persone lungo il percorso. Una mezza dozzina di tipi fragili se la svignò. Alcuni ebbero un leggero esaurimento nervoso, e per fortuna io fui soltanto uno di loro. E sì, a una persona fu chiesto di andarsene, per le sue troppe emissioni silenziose-ma-letali. Ma avviandoci alla settimana finale – la Settimana di Distruzione del Tempio dell’Io, la chiamammo – nove di noi erano ancora super determinati a raggiungere l’illuminazione. 

I monaci ci dissero di prepararci ad andare in un posto che non avevamo mai visto prima, sia nel mondo fisico che in quello spirituale, poi ci stipammo tutti nella Cadillac Eldorado di Monaco dal Sorriso Inappropriato e guidammo nella notte fino a una vecchia miniera di rame. Là ci sedemmo in silenzio sull’orlo della cava mefitica. «Pensate a questa cava come a un enorme buco fetido che va sottoterra» declamò Broncio. «Il vostro Io è più profondo e più fetente di così. Dovete portarlo nella miniera e seppellirlo laggiù! E riportate ogni scarto di rame che trovate in giro». 

Adesso sapevo perché Broncio si imbronciava, e non era solo colpa della sua tonaca macramè. Era perché le sue introspezioni gli avevano fatto aggrottare ogni muscolo del volto e tale gli era rimasto, proprio come vostra madre vi diceva che sarebbe capitato al vostro ma poi non succedeva. Meditammo tutta la notte, e quando sorse il sole sentii qualcosa spezzarsi dentro di me. Risultò essere un’ernia inguinale, ma mi illuminò lo stesso. 

Vorrei poter dire che cosa ho scoperto quando sono diventato uno degli illuminati, ma non posso. Perché il viaggio è il significato, e ciascuno deve scoprirlo per conto suo. L’unico te che può essere te è il te che tu soltanto puoi diventare. (Credo). 

Figuratevi l’Albero dell’Illuminazione come un albero sui cui rami cresce ogni tipo di frutta e verdura immaginabile, insieme a vari affettati misti. Si può mangiare dall’albero, ci si può nutrire delle sue varie prelibatezze, ma prima c’è una cosa che bisogna fare: bisogna dimenticarsi del proprio appetito. Non preoccupatevi, ci vorrà tempo, ma quando sarete pronti, l’Albero dell’Illuminazione sarà lì, anche se il passaggio alla dogana sarà stato una rogna.  

Lo so, vi sta girando la testa. Non siete ancora pronti. In questo momento l’unica cosa da fare è respirare. Lasciate che i pensieri si allontanino. Lasciatevi andareeee. Se volete una copia di questa rubrica, inviate, presso la rivista, sufficiente denaro per una bottiglia di gin. Continuate a respirare. Venti percento di sconto sugli ordini di copie multiple. Ci siamo… lo sentite? Credo che qualcuno si stia illuminando!

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Titolo originale, Things I Know Nothing About: Enlightenment, copyright @ Michael Redhill, all rights reserved.
Traduzione di Almerico Bartoli.