Il concetto di identità è un terreno minato su cui muoversi, di questi tempi. Chi dice io spesso alza un muro: tutto ciò che è fuori da sé è diverso, è altro. Ma dividere è controproducente, e ci è apparso particolarmente evidente grazie al lavoro svolto in questi anni con Black Coffee. Mentre tentavamo di fotografare la società nordamericana nel corso di uno dei suoi periodi più difficili, abbiamo visto parte del Paese chiudersi e aggrapparsi a un’immagine di sé che teme la propria complessità e vuole sottrarla allo sguardo. Noi invece vorremmo svelarla, questa complessità che è il principale strumento a disposizione per accogliere la bellezza e il valore dell’altro.
La collana che abbiamo deciso di avviare unisce storie autobiografiche e racconti dei modi in cui ciò che ci circonda – la cultura popolare, la comunità in cui viviamo – si riverbera nelle nostre vite anche quando non ce ne accorgiamo. Abbiamo affinato lo sguardo per evidenziare che nel Nord America, come ovunque, l’individuo muta senza sosta e con lui le categorie che pretendono di definirlo. Ridare valore alla complessità del soggetto americano è in fondo un modo per capire meglio noi stessi che di “americanità” siamo imbevuti – da qui il nome della collana, Americana, termine nato per indicare l’insieme di tutto ciò che l’America rappresenta nell’immaginario comune e che crediamo dovrebbe ora allargarsi a comprendere nuove vite, nuove possibilità, nuovi intrecci. Americana è un coro di voci che inneggia alla complessità, la celebra, e prova a raccontare attraverso il sé la società nordamericana di oggi – non solo prendendo atto di una distanza, ma soprattutto affermando che è nell’essere diversi insieme che nasce la collettività.

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