Questo racconto è apparso originariamente su Bennington Review numero 2, autunno/inverno 2016

 

Mia moglie mi disse: «È ora di rinunciare alle cose infantili».
Pensai che si riferisse ai miei cimeli sportivi, e così fu a loro che rinunciai, poi con fare virile abbracciai mia moglie, la quale moglie non ricambiò l’abbraccio.
E così rinunciai all’iPhone, all’iPad e al mio MacBook Pro di fine 2011, poi con fare virile riabbracciai mia moglie, la quale moglie mica ricambiò l’abbraccio.
E così rinunciai ai nostri figli, la più infantile delle cose a cui poter rinunciare, poi con fare virile riabbracciai mia moglie, la quale moglie figuriamoci se ricambiò l’abbraccio.
«Perché non ricambi il mio abbraccio?» domandai a mia moglie. «Ho fatto ciò che mi hai chiesto, rinunciare alle cose infantili».«Ma non è a loro che ti ho chiesto di rinunciare» disse mia moglie. «Più che altro, mi riferivo alla parte di te che è ancora bambina».
E così, dalle tasche del cappotto e dei jeans, cacciai fuori un mucchio di buoni di Peter Piper Pizza da riscattare, un mucchio di buoni di Chuck E. Cheese sempre da riscattare, pezzi di spago e brandelli di stoffa custoditi con la speranza di farne un giorno un uso importante, un lecca-lecca smangiucchiato e avvolto in un fazzoletto, una montagna di caramelle mou, una montagna di soldatini, due centesimi stiracchiati da una macchinetta stira-centesimi giù alla fiera, uno yo-yo, una manciata di pacchetti di chewing-gum, un assortimento di caramelle Now & Later, un assortimento di gomme da cancellare nuove di zecca, almeno una dozzina di conchiglie, una montagna di fossili, sei mini-pigne, quattro pupazzi GoBots e tre Transformers, diciannove macchinine da corsa Matchbox, svariati mattoncini Lego rimasti a spasso, un mucchio di uvette e noccioline, un mucchio di semi di girasole, una montagna di aliossi e palline rimbalzanti, un mucchio di ritagli di giornale con le foto di reggiseni e pistole, pennelli, acquerelli, diciannove biscotti per cani, la mia collezione completa di CD di Tom Waits, un mucchio di note scritte a mano che supplicavano chi leggeva di accertarsi che non mi avessero seppellito anzitempo, un toast al formaggio morsicato, quattro paia di auricolari aggrovigliati, cinque cavi carica-batteria sempre aggrovigliati, una montagna di pastiglie di Diazepam da 5 mg, una montagna di pastiglie di Alprazolam da 0.5 mg, la foto stropicciata di una certa scimmia che ho sempre sognato come animale domestico, una montagna di pastiglie di Clonazepam da 1 mg, un paio di prese salvavita che non ho mai capito come installare nei bagni, diciannove tee da golf, una confezione vuota di cartine Zig Zag, un mucchio di fogli di adesivi, un sacchetto di mais scongelato che usai quella volta come borsa del ghiaccio nei giorni che seguirono la mia vasectomia, svariate patatine Cheetos rimaste a spasso, una manciata di cucchiai di plastica, due paia di occhialini da piscina crepati, le solite sei monete straniere con cui me la spasso a fare a testa o croce, una montagna di anelli a forma di ragno, una montagna di spartiti spiegazzati, una manciata di incarti di barrette dolci provenienti da barrette dolci difficili da dimenticare, una manciata di tappi di bottiglia provenienti da birre sempre difficili da dimenticare, una montagna di mozziconi di sigarette altrettanto difficili da dimenticare, una montagna di profezie difficili da dimenticare recapitatemi nei biscotti della fortuna, una manciata di biglietti spiegazzati con le istruzioni per giocare a Minecraft, altri biglietti sempre spiegazzati con le coniugazioni verbali e i modi di dire in spagnolo, un numero sterminato di biglie, due boccagli, una confezione di salviette per bambini tutte rinsecchite, un mini-frisbee, due guinzagli attorcigliati, una montagna di viti a testa piatta, una montagna di viti con testa a croce e vari premi raccattati in fondo alle scatole dei cereali, rinunciai a tutte quelle cose, poi con fare virile riabbracciai mia moglie, la quale moglie neppure stavolta ricambiò l’abbraccio.
«Ma ho rinunciato a tutte le cose infantili» le dissi. «Perché continui a non ricambiare il mio abbraccio?»
Mia moglie m’indicò con un cenno la tasca sinistra sul retro dei jeans in cui tengo la Pilot a sfera e il taccuino Moleskine, vale a dire i due strumenti con cui annoto le mie fatue osservazioni sul mondo e degli spunti per i racconti. Mi sfilai la penna e il taccuino dalla tasca e feci per rinunciarvi, ma un moto di desiderio infantile mi trattenne la mano.
«Forse è presto perché io rinunci a tutte quante le cose infantili» dissi «ma solo a quelle dentro le tasche del cappotto, e nelle tasche anteriori e posteriore destra dei jeans, insieme con i miei cimeli sportivi, i dispositivi Apple e, manco a dirlo, i nostri figli, che sono la cosa più infantile a cui poter rinunciare».
Mia moglie, carezzandomi la guancia per asciugarmi le lacrime, così parlò: «Ma, manco a dirlo, non devi rinunciare ai nostri figli, che sono la testimonianza del tuo amore per me. E non devi rinunciare ai tuoi dispositivi Apple, che sono la testimonianza del tuo amore per l’ingegno umano. Né devi rinunciare ai tuoi cimeli sportivi, che sono la testimonianza del tuo amore per il gioco. Forse dovresti rinunciare ad alcuni degli oggetti dentro le tasche del tuo cappotto e nelle tasche anteriori e posteriore destra dei tuoi jeans, ma lascio a te la scelta di rinunciarci. Riguardo alla Pilot e al taccuino Moleskine, ti chiedo solo di rinunciarci di tanto in tanto, affinché le tue fatue osservazioni sul mondo e gli spunti per i racconti non condizionino la tua intera vita».
E così rinunciai alla penna e al taccuino per un po’, poi con fare virile abbracciai mia moglie, la quale moglie si strinse al mio petto, ricambiando l’abbraccio.

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Evan Lavender-Smith è autore di From Old Notebooks. I suoi scritti sono apparsi su BOMB, Denver Quarterly e Fence. È fondatore e editor di Noemi Press, redattore capo di Puerto del Sol e assistente alla Mexico State University.

Titolo originale: Childish Things, @Evan Lavender-Smith, all rights reserved
Traduzione di Marina Calvaresi